Continuiamo il nostro percorso di approfondimento sulle fake news che incontriamo più spesso parlando di plastica e cerchiamo di sfatare i falsi miti attraverso ricerche scientifiche e dati analizzati. Negli articoli precedenti (Le fake news sulla plastica – Le convinzioni sbagliate – parte prima) ci siamo focalizzati su alternative che nell’immaginario comune sono più “verdi” della plastica e sulla plastica come principale causa del problema dei rifiuti. In entrambi i casi abbiamo appreso che sostituire la plastica significherebbe consumare più materiali e risorse e pertanto creerebbe un danno ben più grande all’ecosistema.
Fake news n. 3: La plastica è responsabile dei rifiuti.
A prescindere che i rifiuti siano di carta, metallo, vetro o plastica, la loro causa è sempre il comportamento umano e la soluzione è cambiare quel comportamento attraverso l’educazione e la regolamentazione. I paesi più industrializzati e ricchi tra cui l’Europa producono più plastica rispetto a paesi più poveri ma è la gestione dei rifiuti a fare la vera differenza. I paesi industrializzati infatti immettono nell’ambiente rifiuti pari al 2% del livello mondiale mentre quelli più poveri coprono il restante 98%. La plastica ha sostituito in molti ambiti carta ed altri materiali grazie al suo impiego sempre più diversificato. Ciò nonostante l’impatto visivo della sua presenza fa erroneamente pensare che sia l’unico materiale ed il maggior responsabile dell’inquinamento ambientale. Sostituirla con materiali degradabili non è però una soluzione in quanto in moltissimi campi la plastica è insostituibile e necessaria.
Fake news n. 4: Le microplastiche nell’oceano sono tossiche o rilasciano tossine.
Non ci sono prove credibili che le microplastiche siano tossiche, ma di certo aiutano a proteggerci dalle tossine assorbendole e rimuovendole dall’acqua di mare. Affermare che le microplastiche siano tossiche per i pesci e quindi per noi in quanto consumatori ultimi è sbagliato. Molti dei test effettuati sulla tossicità della plastica non sono stati eseguiti utilizzando parametri effettivi ma usando tipologie di microplastiche non presenti negli oceani, in quantità eccessive, di dimensioni sbagliate, falsificando i risultati, non sono stati inclusi gruppi di controllo, i pesci sono stati fatti morire di fame e in alcuni casi le microplastiche sono state pre- immerse in sostanze chimiche tossiche dando così origine a risultati inesatti.
Le microplastiche (frammenti di plastica di dimensioni comprese tra un micrometro e cinque millimetri) costituiscono l’8% in peso di tutte le plastiche presenti negli oceani e sono generate soprattutto dai lavaggi di tessuti sintetici, dall’usura degli pneumatici e dalle polveri inquinanti. Per quanto non dovrebbero chiaramente essere riversate nei bacini d’acqua, è stato dimostrato che non è la plastica il problema ma le tossine che vengono scaricate intenzionalmente da effluenti industriali che intossicano la fauna e la flora marina.
Ancora una volta quindi, possiamo verificare che la demonizzazione della plastica da parte dei mass media non si basa sull’analisi di dati e ricerche credibili. È sempre più fondamentale pertanto accertarsi delle fonti e dell’attendibilità dei dati negli articoli che leggiamo per evitare convinzioni sbagliate e di conseguenza azioni pericolose per l’ambiente.
Nel prossimo articolo continueremo il nostro approfondimento con altre convinzioni sbagliate nell’ottica di cercare soluzioni effettivamente migliorative per il nostro pianeta.